
Quest’opera si caratterizza per il valore etico (e in ultima analisi, spirituale) che Antonietta Gnerre sa affidare alla parola poetica: non solo bel suono e ritmo e forza evocativa delle figure retoriche, ma stimolo alla consapevolezza, alla solidarietà, alla faticosa eppure gratificante ricerca di una felicità che non può essere ridotta al mero spazio di un io che, specie in Occidente, pare sempre più omologato nella sua pseudo ipertrofia.
Le cose, la natura, gli eventi e soprattutto gli incontri fattuali o desiderati ci vengono offerti in modo palpabile per la solida essenzialità compositiva che nasconde plurimi livelli di suggestione e custodisce immagini di forza visionaria e metafore-analogie ardite e bellissime: “È salda la mia dimora / in questo sogno / la terra è una mappa / su cui poggio i piedi / s’incrina il cardo / schricchia sul pianto / del mattino risuona / sulle tare nevrotiche / di questo duro Sud…”